Il polarimetro si basa sulla polarizzazione della luce e sull'attività ottica di una sostanza. Analizziamo ora nel dettaglio come lo strumento sfrutta questi principi.
Nel polarimetro, la luce entra nel polarizzatore che la converte in luce polarizzata; questa passa poi attraverso il tubo portacampione. Qui è stata inserita una sostanza che può essere otticamente attiva e che quindi può far ruotare il piano della luce polarizzata di un certo angolo α la cui entità è funzione del numero di molecole chirali che la radiazione attraversa.
Il potere rotatorio, dunque, dipende sia dalla concentrazione sia dalla lunghezza del tubo polarimetrico.
Per rendere indipendente dai parametri sperimentali il potere rotatorio di una sostanza, si usa il potere rotatorio specifico [α]:
[α] = α / c× l
dove:
α : angolo di rotazione misurato;
c : concentrazione in g/ml;
l : lunghezza del tubo.
La misura va effettuata a 20°C usando una lampada al sodio.
Dalla relazione precedente si può ricavare la concentrazione di una soluzione di una sostanza chirale, in funzione dell’angolo di rotazione α misurata col polarimetro e del potere rotatorio specifico [α] ricavabile dalle apposite tabelle:
c = α / [α] × l
Se invece la sostanza è otticamente inattiva il piano rimane invariato.
La luce poi arriva all’analizzatore che può ruotare e in base all’angolo che forma rispetto al piano della luce, si hanno risultati diversi.
Se è ruotato di 90° la luce non passa e l’osservatore vede quindi uno schermo nero.
Se l’inclinazione è compresa tra 0° e 90° viene trasmessa solo una frazione della luce.
Se la rotazione è pari a 0° si ha il massimo valore della luce trasmessa.
Nelle seguenti immagini è possibile vedere uno schema del funzionamento del polarimetro, scomposto nelle sue parti.
Fonti: